Presentazione «La Costituzione aggredita»

08/02/2006


Prima la Costituzione, poi – se necessario – le ingegnerie costituzionali. Di revisione della Carta fondamentale dell’ordinamento repubblicano – e, più nello specifico, del progetto di riforma approvato dal Parlamento ed elaborato dalla maggioranza di centrodestra – si è discusso a Roma, mercoledì 8 febbraio 2006, presso la Sala del Refettorio della Camera dei Deputati, in occasione della presentazione del volume di Leopoldo Elia La Costituzione aggredita. Forma di governo e devolution al tempo della destra, edito nella collana Arel-Il Mulino.


Alla presenza dell’Autore, già presidente della Corte costituzionale e massima autorità in materia, hanno partecipato all’incontro Marco Follini, Dario Franceschini, Giorgio Napolitano ed Enrico Letta, segretario generale dell’Arel.


Al centro del dibattito l’architettura istituzionale del Paese e la tenuta dell’ordinamento repubblicano. Non solo, quindi, devoluzione o federalismo. Ma, più genericamente, assetto dello Stato, equilibrio tra poteri, funzioni del capo del governo.


Accorato, in tal senso, l’appello di Elia. Il tipo di premierato disegnato dalla riforma, più che forte, si configura come «onnipotente». Si tratta di un istituto estraneo alle nostre tradizioni, che rischia di compromettere anche la prima parte della Costituzione e la già fragile saldezza degli istituti di garanzia. Sulla stessa linea Dario Franceschini che, alla luce dell’imminente scadenza della raccolta delle firme per il referendum oppositivo previsto dall’art. 118 della Costituzione, ha richiamato la necessità di risollevare l’attenzione dell’opinione pubblica in materia, superando la tentazione di inserire la questione nel calderone, bollente, della campagna elettorale. Il responsabile organizzativo della Margherita ha puntualizzato poi la differenza tra questa revisione – organica, pericolosa, avventata – e quella del Titolo V approvata dal centrosinistra nel 2001 e incentivata dalle «pressioni insistenti» della Conferenza Stato-regioni. Più incline a intravedere parallelismi è, invece, Marco Follini che, pur rivendicando la sua scelta di non votare il testo della riforma, ha individuato nel metodo – a colpi di maggioranza, a fine legislatura, senza un approfondito confronto con l’opinione pubblica – il più evidente elemento di continuità tra l’intervento del centrodestra e quello del 2001. Il punto – ha spiegato il senatore a vita Giorgio Napolitano – è che non servono alchimie, ma è necessario superare la tentazione di assemblee costituenti o bicamerali improvvisate, identificando eventuali interventi di riforma e procedendo in questa direzione attraverso il consenso più ampio possibile. Di nuovo: prima la costituzione, poi, solo se necessario, le ingegnerie costituzionali. La lezione di Giuseppe rossetti torna dunque di grande attualità.