Giorno della memoria

27 gennaio 2021

La celebrazione di oggi ci invita a non dimenticare un passato terribile e ci ammonisce a far sì che non debba MAI ripetersi. L’AREL vuole ricordarlo con un estratto dall’intervista, pubblicata su NEMICO AREL la rivista, al Cardinale Zuppi di Mariantonietta Colimberti.

 

Allora dobbiamo pensare che Hitler e i creatori dei campi di sterminio non hanno incontrato un San Francesco sulla loro strada?

 

Non hanno incontrato lo stordimento del bene, la sua fermezza, l’intelligenza per arrestare quel paganesimo corruttivo che si imponeva con la violenza e tanto attraeva per i temi del nazionalismo e dell’odio verso il nemico, proposta che sembrava “virile”, “giusta”, “coraggiosa”. Il grande inganno ha deformato tanti. Resta, ovviamente, il grande mistero del male.

 

So che è una domanda che si fa sempre, ma dov’era Dio ad Auschwitz?

 

La domanda è: dov’era finito l’uomo? Certo, ci chiediamo dov’era finito Dio, che avrebbe dovuto proteggere, ma la prima grande domanda riguarda l’uomo. Perché lì non c’era più l’umanità. Dov’erano finiti i buoni? Abbiamo amato troppo poco, oppure l’amore era stato narcotizzato dall’ideologia, dalla propaganda? Dall’inettitudine dei buoni, cioè il male aveva reso inefficace, sterile, l’amore?

Sorprende come il male riesca a insinuarsi, a vincere nell’indifferenza, nella paura, nella mediocrità, nell’incapacità di lavorare assieme, spesso di mettere da parte personalismi che hanno disperso possibilità importanti. In quel mistero del male, nell’inquietudine che l’epifania del male ci suscita, sentiamo che tante energie di amore erano state rese sciape, inutili. In proposito, però, sono bellissime le parole che Papa Benedetto pronunciò ad Auschwitz. Parlando dei ragazzi della Rosa Bianca, che erano considerati dei rifiuti, “pidocchi” (sulla semantica, tutti e a tutti i livelli dovremmo fare un po’ più di attenzione, anche oggi), condannati a morte dai nazisti come attentatori alla nazione tedesca, Benedetto XVI disse: «Eravate le stelle del mattino, quelle che indicavano che la notte stava per finire».

L’amore per i nemici non è mai sterile, può rivelarsi anche dopo, a distanza di anni ed essere un riferimento importante per fare sorgere energie di bene. In quel caso l’amore per il nemico era indicare il male, combattere contro il nazismo: quanta luce hanno dato quei ragazzi della Rosa Bianca a tanti altri negli ultimi mesi del nazismo, ma anche in seguito, dimostrando che alla fine vince l’amore.

 

Ci sono casi in cui la violenza è giusta.

 

La guerra non è mai giusta. La forza, che necessariamente non vuol dire violenza, è certo necessaria per bloccare la guerra o per chiuderla. Senza le truppe dell’ONU dispiegate in Mozambico non si sarebbe potuto applicare l’Accordo di pace. Se l’ONU fosse rimasto in Ruanda durante il genocidio quante vittime si sarebbero potute salvare? Il problema, però, è prevenire e dotarsi sempre di luoghi dove i conflitti possono essere risolti e di strumenti per garantirli. Per questo l’indebolimento sistematico dei pochi strumenti internazionali che abbiamo è molto preoccupante.

 

La guerra non sarà giusta, però tanti partigiani cristiani hanno combattuto con le armi, sparato, forse anche ucciso.

 

Diciamo così: l’amore per i nemici impedisce le guerre, deve impedirle, perché nelle guerre c’è sempre una sconfitta. Poi, come è accaduto nella Seconda Guerra Mondiale, è necessario combattere per liberare dall’ideologia nazista.

 

Potete leggere qui l’intervista completa.