Il Convegno sui conflitti di interesse nelle banche e nelle imprese

A un anno dalla crisi Parmalat, nel convegno organizzato il 17 novembre dall’Arel presso la sede dell’ABI, ci si è interrogati sulle prospettive di un sistema bancario quale quello italiano, che, contro ogni aspettativa, non ha ceduto al credit crunch. Si sono valutati inoltre gli impatti negativi del nostro sistema legislativo, che non appare ancora intenzionato a predisporre le adeguate riforme capaci di prevenire casi similari.Dopo l’introduzione di Enrico Letta, sono intervenuti i quattro relatori – Mario Draghi, Francesco Cesarini, Franco A. Grassini e Sabino Cassese

A un anno dalla crisi Parmalat, nel convegno organizzato il 17 novembre dall’Arel presso la sede dell’ABI, ci si è interrogati sulle prospettive di un sistema bancario quale quello italiano, che, contro ogni aspettativa, non ha ceduto al credit crunch. Si sono valutati inoltre gli impatti negativi del nostro sistema legislativo, che non appare ancora intenzionato a predisporre le adeguate riforme capaci di prevenire casi similari.
Dopo l’introduzione di Enrico Letta, sono intervenuti i quattro relatori – Mario Draghi, Francesco Cesarini, Franco A. Grassini e Sabino Cassese – i quali si sono detti concordi nel considerare il conflitto d’interesse un fattore «endemico» del mercato finanziario e dell’imprenditoria, pertanto minimizzabile ma non eliminabile. Essi hanno altresì sviluppato la loro analisi sulle più frequenti tipologie di abuso di posizione dominante riscontrate nei rapporti tra banche e imprese, riconoscendo l’inevitabile specificità dei singoli casi in esame. La fenomenologia del conflitto di interesse – si è convenuto – risulta assumere dimensioni più articolate con il processo di espansione dei mercati e degli strumenti esistenti: dal più elementare clash venditore-consumatore, basato sull’esistenza di asimmetrie informative, ai parziali conflitti nell’ambito delle banche universali, fino a quelli più articolati nei rapporti tra società e agenzie di rating. Numerose le proposte presentate. Si è, in termini generali, auspicato il perseguimento di una cultura aziendale basata sull’affermazione di valori etici e sull’attuazione di procedure di monitoraggio del rischio, con particolare riferimento alla figura dei vertici aziendali con codici di best practice e alla responsabilizzazione delle nuove generazioni. Tale approccio non è stato considerato come sufficientemente «specifico» da Mario Sarcinelli che, in risposta agli interrogativi posti da Roberto Pinza, ha considerato la risoluzione rule based come più auspicabile, sia attraverso una organizzazione normativa interna degli intermediari, che tramite un processo di supervisione-sanzione determinato dalle istituzioni nazionali. Nell’ambito del modello anglosassone di riferimento, si è considerata l’eventualità di una compilazione preventiva, da parte delle organizzazioni dei consumatori, di chart relative alle occasioni di conflitto di interesse potenzialmente registrabili nei rapporti tra società e clienti. Dalle battute finali di Beretta e Salvatori è emerso, in conclusione, l’intento di riconoscere come degno di emulazione un modello che promuova un’etica di gruppo capace di superare distorsioni legate a eccessi di regolamentazione, nell’ambito di mercati finanziari sempre più caratterizzati da valutazioni di performance nel brevissimo termine.